Diario di Viaggio

Ai miei compagni di avventura.

Ho cercato di scrivere libero, attenendomi ai fatti, ma lasciando inevitabilmente trapelare le mie opinioni, indipendentemente da quelle di chi legge. Se così facendo ho offeso qualcuno, non era mia intenzione e me ne scuso sinceramente (ogni riferimento a persone e fatti reali è puramente casuale!).


Transandina, agosto - settembre 2007

Indice


Itinerario di tutto il viaggio preparato con GoogleEarth

"Because the world is round, it turns me on", The Beatles
" Il mondo è un libro e quelli che non viaggiano ne leggono solo una pagina ", Sant'Agostino


Domenica 5 agosto


E' il giorno della partenza e mi alzo ben prima della sveglia così posso fare le cose con calma. Carla mi porta a Perugia prendere l'autobus per Fiumicino, ma ci arriviamo alle 6:30 con un'ora di anticipo, perché ho guardato male l'orario. Abbiamo il tem po di fare un giro per il centro addormentato. Così arrivo a Fiumicino un po' in ritardo, ma non ho difficoltà a trovare gli altri 7 compagni di viaggio che partono da Roma e che mi consegnano un bel road book. L'attesa è comunque lunga in una delle giornate peggiori per essere in un aeroporto. L'aereo parte con più di un'ora di ritardo, ma non abbiamo fretta: ad Atlanta abbiamo un'attesa di 23 ore per la coincidenza per Guayaquil. Siedo accanto ad una ragazza californiana che ha passato un anno e mezzo in Spagna a fare la missionaria mormone. Con un disegnino cerca di spiegarmi le differenze fra le religione mormone e quella cattolica. L'arrivo ad Atlanta prevede le solite formalità americane, lunghe e da altro pianeta. I compagni di viaggio da Milano sono già arrivati e ci indicano un ostello in città, dove li troviamo quando solo già le nove di sera. In 5 andiamo a cenare in un vicino ristorante irlandese.

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Lunedì 6 agosto


Guayaquil, Tumbes, Chiclayo, Casma, Huaraz

L'ostello si rianima per la colazione: Susanna tira persino fuori una caffettiera da moca e prepara il caffè per i nostalgici. Poi ci dividiamo in due gruppi: il più numeroso va verso l'acquario ed il museo della Coca Cola, l'altro al museo di arte moderna. Per arrivare all'acquario attraversiamo il parco fatto per le olimpiadi, le cui stradine sono pavimentate di mattoni con i nomi dei contribuenti e c'è anche la statua di de Coubertin. L'acquario è notevole, suddiviso in zone di vario interesse: belle quelle con i leoni marini e la grande vasca con gli squali ed altri grandi pesci. Pranziamo lì con il cibo ipercalorico americano. Poi ci ritroviamo con Carlo e Valentina che hanno preferito andare a vedere il museo della Coca Cola e torniamo all'ostello a prendere i bagagli. Da lì chiamiamo un taxi per andare alla stazione della metropolitana, ma siccome non arriva ci avviamo a piedi. Arriva quasi subito un van che si offre di portarci in aeroporto a 5 $ per uno. Dato il caldo e l'umidità esterni accettiamo volentieri. Finalmente si riparte per l'Ecuador. In volo si scherza già con i compagni di viaggio e il tempo passa presto. All'arrivo c'è Mauro, il coordinatore del viaggio, che è arrivato un paio di giorni prima per organizzare lo sdoganamento delle moto. Con lui c'è il pulmino che ci porterà i bagagli e che ora ci accompagna in albergo. E' troppo tardi per cenare e si va tutti a dormire.

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Martedì 7 agosto


Partiti!

E' tanta la voglia di rivedere le moto che siamo in anticipo e con Valentina andiamo a fare un giretto per la città, salendo su una collinetta da cui si ha un'idea dei dintorni, piuttosto squallidi. Si parte alle 8 per il porto bananiero: infatti è la Dole che si è occupata del trasporto. Mauro sparisce dietro i cancelli della Dole, mentre noi aspettiamo fuori. Nonostante la nostra ansia che dilata i tempi, l'attesa non è lunga perché Mauro è molto efficiente: quando finalmente fanno entrare anche noi, ha già tolto le moto dal container e non ci resta che riattaccare la batteria, sistemare i bagagli nel pulmino e partire verso l'una. Come da istruzioni, seguiamo il pulmino per l'uscita dalla città ed alla fine, dopo un paio di inversioni ad U, troviamo la strada verso sud. La città è grande e bruttina. Intorno bananeti a perdita d'occhio fra colline coperte di vegetazione. La strada è abbastanza noiosa e festeggio il recupero della moto andando avanti a far foto ai compagni che passano. Viaggiamo tutti dietro al pulmino e nonostante questo, quando la strada ha dei pezzi sterrati per riparazioni, due di noi si perdono ad un bivio e con Enrico torniamo indietro a cercarli. Per fortuna sono già tornati sulla strada giusta. Arriviamo alla frontiera con il Perù che è già buio. Le pratiche doganali sono relativamente rapide, anche perché Mauro si occupa dei Carnet di tutti. Comunque arriviamo a Tumbes che sono le nove passate e ci fiondiamo in un ristorante a mangiare.

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Mercoledì 8 agosto


Granchi e avvoltoi sulla costa del Perù

Dopo una foto alla statua degli innamorati, partiamo verso sud lungo il Pacifico. Ero sulle sue sponde a capodanno a Concepcion, l'ho rivisto a Puerto Vallarta per un congresso in aprile e ora eccolo qui di nuovo: deve proprio essere un anno Pacifico. La costa è piacevole con belle spiagge piene di avvoltoi e di grossi granchi. Poi la strada entra un po' nell'interno e si attraversa un quasi deserto con interminabili rettilinei. Con Pier e Silvana ci fermiamo a Lambayeque a vedere un interessante museo archeologico su reperti Mochica scoperti di recente. Ci sono gioielli d'oro, rame, argento e turchese veramente notevoli. Si arriva a Chiclayo ben in tempo per una doccia e la cena, dove incontriamo un altro gruppo di Viaggi e Avventure nel Mondo. Andando a cena un ladro mi sfila da sotto braccio la borsa con la macchina fotografica e scappa. Per fortuna Lorenzo è prontissimo e con uno scatto da centometrista lo agguanta, lui molla la borsa e tutto si risolve con una sbucciatura alla mano dell'eroico Lorenzo, che si merita una bottiglia di champagne, purtroppo perfido.

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Giovedì 9 agosto


Dalla Piramide del Sole di Chan Chan

Altra tappa di trasferimento verso sud lungo la panamericana. Si viaggia veloci in un'alternanza di coltivazioni e zone desertiche, con la temperatura che è scesa sui 17 gradi. Arrivati nei pressi di Trujillo visitiamo la città di fango di Chan Chan, dove hanno restaurato uno solo di una decina di enormi palazzi fortificati. Belle le decorazioni simboliche sulle pareti, ma mancano reperti di valore. Pranziamo in una amena trattoria dove ci tratteniamo a lungo. Infatti quando arriviamo alle piramidi sono già chiuse. Si riesce solo a salire su quella del Sole, che un poliziotto arriva a dirci che è proibito e ci caccia. Si prosegue verso sud per Casma, nostra meta per la notte, che qui arriva presto (alle 19 è buio pesto) e ci sorprende per strada, per cui l'ultima oretta è assai penosa per la scarsa visibilità ed il gran traffico di camion.

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Venerdì 10 agosto


Casma e Valle di Huaraz

Finalmente monti e sterrato, se no che Transandina sarebbe. Appena partiti ci fermiamo ad un mercato a comprare da mangiare e poi visitiamo il sito archeologico di Sichin. C'è un piccolo e insignificante museo e le rovine ricostruite di un tempio di cui vediamo solo le mura esterne decorate di bassorilievi che rappresentano persone con vari tipi di ferite. Pare che qui avvenissero sacrifici umani. Francamente mi ha l'aria di falso, o almeno mal ricostruito. Quando partiamo arriva una folta scolaresca e Giovanni ha molto successo distribuendo dolcetti. Si sale lungo una valle che si addentra nell'interno verso Est, fra verdi coltivazioni con molti frutteti. La strada è asfaltata per una sessantina di chilometri fino al villaggio di Pariacota, poi comincia una strada sterrata che sale sui monti. Non è difficile, ma comunque impegnativa. A Valentina scivola la moto su un guado ed ho la fortuna di aiutarla a rialzarla. La vegetazione man mano finisce, ma i piccoli villaggi continuano. Non mancano cani che inseguono le moto, ragazzini che salutano (alcuni ci tirano pomodori o terra), donne con i tipici vestiti andini. In un paesino c'è una scuola e i bambini in divisa verde stanno tornando a casa. Così, quasi senza accorgersene si arriva al passo di Callan a 4230 metri e ci si mostra una stupenda vista di monti innevati. Ci fermiamo per il picnic; poi non resisto all'aria fresca e sottile e salgo a piedi su una cimetta vicina. Deve essere il posto più alto dove sia mai arrivato e sono contento di arrivarci a piedi. Ci sono i cactus sferici andini, dei buffi gruppi di batuffoli tondi e dei grossi rapaci marroni che potrebbero essere della famiglia delle aquile. Rosanna si sente male per l'altezza e si rifugia nel pulmino. La discesa è interrotta da dei lavori: hanno fatto saltare delle mine e stanno risistemando la strada. L'attesa diventa penosa per il vento freddo e la polvere. Finalmente dopo un'oretta ci spostiamo un po' più in basso dove uno scavatore sta finendo di sgombrare la strada dai massi. Si scende fino ad Huaraz, cittadina nel fondovalle a 3000 metri con una bella vista sulle Ande. Ci arriviamo al tramonto in un tripudio di colori.

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Sabato 11 agosto


L'Huascaran

Si parte con calma per una gita giornaliera. Mauro rimane a Huaraz a riparare la moto. Noi facciamo una cinquantina di chilometri di asfalto verso Nord fino a Yungay, dove saliamo a destra per uno sterrato abbastanza agevole fino alle lagune di Llanganuco, verdi fra rocce nere ed un po' di sabbia gialla, bel posto per il picnic. Da lì continuiamo a salire per uno sterrato più stretto che porta al passo che attraversa la Cordillera Blanca verso Piscobamba. Sono incerto se salire fino in cima o fermarmi a vedere le lagune dall'alto, ma sto bene e seguo gli altri già avanti. Non ho contato i tornanti, ma sono molti fino ai 4713 metri (da GPS) del passo. Dall'altro lato c'è la valle di Chacas e Piscobamba. La vista sull'Huascaran ed i suoi ghiacciai è entusiasmante. Tornando indietro sulla strada lungo le lagune un camion mi stringe sul bordo della strada, la ruota anteriore finisce nel fossato e la moto si appoggia alla parete. Il camion prosegue indisturbato. Il mio angelo custode Lorenzo mi aiuta a riportare la moto in strada e per fortuna si è solo staccato uno dei faretti supplementari, il cui involucro è notoriamente assai debole. Tornati sull'asfalto abbiamo ancora la forza di proseguire verso nord e, per cercare di vedere anche l'Alpamayo, arriviamo a Caraz, ma invece di salire verso i monti a est, seguiamo il consiglio di un benzinaio e saliamo sul versante opposto della valle, dove con poca fatica si vedono molto bene sia l'Alpamayo che l'Huascaran, le cui cime giocano però a nascondino dietro nuvolette persistenti in un cielo per il resto piuttosto limpido. Comunque l'atmosfera è così entusiasta e pacifica che i compagni ascoltano la mia lettura di un paio di città invisibili di Calvino: bontà loro.

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Domenica 12 agosto


Huaraz, Lima, Pisco, Nazca, Cuzco, Puno, La Paz

"Al di là di sei fiumi e tre catene di montagne sorge Zora, città che chi l'ha vista una volta non può più dimenticare. " Italo Calvino

Si continua verso sud, salendo dolcemente per la strada asfaltata lungo la larga valle del Rio Santa che separa la Cordillera Blanca da quella Negra. Dopo un'oretta il gruppo si ricompatta a Pachacoto, lasciamo lì il pulmino, Martìn, uno dei due autisti, viene in moto con me e saliamo verso est per un facile sterrato a vedere la puya Raimondi, una specie rara di agave scoperta da un biologo italiano, da noi sconosciuto, ma piuttosto famoso in Sudamerica. Dopo 13 chilometri so tutto sulla famiglia di Martìn ed arriviamo all'ingresso del parco. Manca Carlo e con Valentina torniamo indietro a cercarlo. Dopo 6 chilometri mi fermo in un punto dove ne vedo altri 3 o 4, convinto che Carlo sia tornato indietro al pulmino per i ricorrenti problemi di carburazione causati dall'altitudine alla sua moto, cosa confermata dalla valida Valentina che è dovuta arrivare fino a Pachacoto. Risalgo e, dopo aver incrociato gli altri che riscendono, arriviamo in un punto dove il versante sud della valle è cosparso di puye, il cui unico fiore alto una decina di metri è molto spettacolare. Martìn mi spiega che i contadini ignoranti bruciano le puye per evitare che pecore e capre restino impigliate nelle sue grosse spine ricurve: forse anche per questo la puya è così rara. La strada asfaltata continua a salire fino ad un dolce passo a 4150 metri. Sull'altro versante si scende rapidamente con belle curve fino alla panamericana lungo la costa. La temperatura sale rapidamente e, quando supera i 25 gradi, mi metto in camicia, ma mi devo prontamente rivestire per il brusco sbalzo di temperatura causato dalla nebbia del Pacifico, fenomeno tipico di tutta la costa americana. La panamericana è molto trafficata di camion e di autobus. A Puerto Supe mi fermo a mangiare una zuppa di verdura ed un pesce in padella con fagioli a 5 soles. Poco dopo un poliziotto mi estorce tutto quello che ho risparmiato al pasto. Per fortuna gli ultimi 150 chilometri fino a Lima sono di autostrada ed anche così sono noiosi per i banchi di nebbia che ci bagnano. Lima è enorme, ma il traffico meno disordinato di quanto mi aspettassi. Seguendo il pulmino arriviamo in Plaza San Martìn dove sfila la banda domenicale. L'albergo è vicino a Plaza Mayor e dopo la doccia usciamo con Valentina a fare due passi verso la piazza. Entriamo nella piccola cappella accanto alla cattedrale. La messa non ci impedisce di ammirare la fascia di piastrelle dipinte che ricopre la parte bassa delle pareti. Continuiamo fino alla chiesa di San Francesco, che ha due massici campanili degni di una fortezza. Poi torniamo lì con gli altri a cenare da Cesar.

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Lunedì 13 agosto


La Plaza Mayor a Lima

"Quando voi siete arrivati, noi avevamo la terra e voi la Bibbia, adesso noi abbiamo la Bibbia e voi la terra." Un capo indigeno ad un missionario spagnolo nel XVI secolo.

Esco presto a comprare il giornale. Vedo anche il bel chiostro dipinto della chiesa di Sant'Augustin e la via pedonale che congiunge la Plaza Mayor con la Plaza San Martìn. Dopo colazione andiamo tutti insieme a visitare la cattedrale, dove una brava guida ci illustra le molte cappelle laterali, una delle quali contiene la tomba di Pizarro, i quadri, gli azulejos, il bel coro ligneo e le cripte sottostanti con commenti anche sociologici. Si autodefinisce meticcio ed è fiero di incarnare l'unione delle due culture: la indios e la spagnola. Certo la conquista spagnola ha avuto molti difetti, ma anche il pregio unico di lasciare un continente senza conflitti religiosi, cosa non da poco se si guardano gli altri continenti. La nostra giornata di visite culturali continua con la chiesa e monastero di San Francesco, dove ammiriamo il chiostro a due livelli, il refettorio, le catacombe e soprattutto la biblioteca, lunga e luminosa, piena di libri che paiono assai poco studiati. Infine è la volta del Museo dell'Oro, dove sono conservate, in maniera un po' confusa, i bellissimi reperti delle varie culture prespagnole provenienti da varie zone del Perù. Dopo pranzo i compagni partono per Pisco, mentre io accompagno Valentina dal meccanico, dove stamane ha lasciato la moto per cambiare uno dei paraoli della forcella. Per arrivarci disdegnamo di farci accompagnare da un taxi: compriamo invece una cartina e seguiamo le indicazioni di un gentile locale di origini italiane. Riusciamo comunque ad arrivare anche se non proprio per la via più diretta. Il meccanico, aiutato dal manuale di officina che Valentina si è portata su una chiavetta USB, fa una buona riparazione, rettificando anche un po' il tubo della forcella, che presentava vari punti arrugginiti. Si è unito a noi anche Carlo, per chiedere indicazioni su come rimediare ai problemi di carburazione del suo Transalp, dovuti all'altitudine. Quando partiamo sta già diventando buio, riusciamo appena a vedere il bel litorale di Lima, in tre ore arriviamo senza difficoltà a Pisco e ci ricongiungiamo agli altri per cena.

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Martedì 14 agosto


Leoni marini alle isole Ballestas

Facciamo solo poca strada fino al porto di Paracas, dove ci imbarchiamo in una lancia a motore per un giro cultural-naturalistico. La prima tappa è di fronte alla costa della penisola di Paracas sul cui pendio è scavato il "candelabro", in realtà forse l'immagine di un cactus. Le spiegazioni della nostra guida non mi convincono perché mi ha l'aria di un falso. Comunque la costa è molto bella e lì vicino c'è una grande colonia di pellicani. Niente in confronto con quello che ci aspetta alle isole Ballestas e Chincha letteralmente coperte di animali, soprattutto di uccelli di varie specie, ma anche di leoni marini e pinguini (uccelli pure loro...). Non ho mai visto una tale concentrazione di animali e le scene che offrono sono molto varie e divertenti, per cui scatto molte decine di foto. Tornati sulla terraferma prendiamo uno sterrato che ci porta sulla penisola dove la sabbia dura e facile consente a molti di noi di esibirsi in fuoristrada. Il paesaggio della costa è meraviglioso ed incredibilmente illuminato dal sole e preferisco concentrarmi sulle foto, aiutato da Valentina che ha l'occhio attento ed è piena di idee. Si prosegue verso sud attraverso un mare di dune e ci fermiamo per pranzo ad un'oasi vicino ad Ica. Poi molti vanno a fare un giro sulle dune con un grosso "dune buggy". Preferisco salire a piedi su un'alta duna sopra l'oasi. La salita è faticosa, anche perché la affronto troppo di petto, ma lo spettacolo in cima e la discesa di corsa valgono proprio la pena. Insomma una bella giornata molto varia, per cui non mi disturba quasi di arrivare a Nazca con il buio e di dover rinunciare a metà della cena per stanchezza ed un po' di diarrea.

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Mercoledì 15 agosto


Cordillera de Huanzo

Oggi si risale sulle montagne, ma prima ci sono da vedere le famose figure di Nazca. La giornata è stupenda senza una nuvola e Mauro ci sveglia verso le sette per dirci che il volo sulle figure sarà alle 8:30. Rinuncio al volo, che mi sembra troppo ovvio e commerciale, e vado invece in moto con Silvana alla torre di osservazione da cui si vedono le due figure dette le mani e l'albero. Sono più piccole di quanto pensassi, ma mi paiono meno false del candelabro di Paracas. Interessante è la salita su una collinetta da cui partono a raggiera vare linee perfettamente diritte, chiaramente allineamenti, forse astronomici. Certo la piana perfettamente levigata ed in lieve discesa sembra proprio un foglio da scrivere e forse questa è l'unica motivazione delle figure. Si prende la strada che sale verso Cuzco. E' molto bella, sulla destra c'è un'altissima duna che chiamano la Montagna Blanca. Si vedono i primi lama e, mentre ci fermiamo a fotografarli, uno di loro viene investito da un camion che passa. Poi un altro se lo porta via per la cena. Ci fermiamo a Puquyo a mangiare un panino. Doveva essere la nostra sosta notturna, ma decidiamo invece di proseguire fino a Chalhuanca. Partendo da Puquyo chiedo indicazioni ad un poliziotto ed ad un locale e, seguendole mi trovo sulla strada sbagliata. E' sterrata, ma sono ingannato dal fatto che per circa 15 chilometri segue esattamente il tracciato per Cuzco sul GPS. Comunque la strada è bella e non mi dispiace di trovarmi da solo. Proseguo per quasi 30 chilometri prima di chiedere ad un camionista. Insomma in tutto ho perso più di un'ora. Finalmente sulla strada giusta che è perfettamente asfaltata salgo ad un passo di più di 4500 metri su un altopiano con lagune e lama. I colori al tramonto sono meravigliosi, il cielo è limpido, l'aria tersa e la temperatura scende fino a 3 gradi, per cui metto per la prima volta i guanti pesanti. Anche così ho freddo alla mano destra, dove la manopola riscaldata non funziona. La discesa verso Chalhuanca richiede solo un po' di attenzione per evitare animali e qualche sasso. Arrivo alle 19:20 a rassicurare gli altri che si erano un po' preoccupati. L'albergo è molto semplice, per la prima volta senza bagno in camera, ma c'è tutto l'indispensabile. La televisione del ristorante annuncia che verso le 19 c'è stato un forte terremoto sulla costa fra Lima e Ica di magnitudine 7.7 della scala Richter. Parlano di decine di morti e molti feriti e danni. L'abbiamo scampato di poco, non così tanti poveri peruviani.

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Giovedì 16 agosto


Scendendo verso Cuzco

La colazione era fissata per le 8, ma ci troviamo già tutti svegli poco dopo le 7, per cui Mauro approfitta per anticipare un po' i tempi. In realtà la strada per Cuzco è ottima, neanche 200 chilometri. Sale a un paio di passi sui 4000 metri, che qui sono la norma e scende a un bel fiume sui 2000 dove la temperatura supera i 30 gradi. In moto è una vera goduria con miriadi di curve ed asfalto buono. I paesaggi di montagna sono maestosi e le valli ben coltivate, Mi stupiscono gli eucalipti che arrivano fino a 3700 metri. Ci fermiamo per pranzo a Abancay ed approfitto per chiamare Carla e rassicurarla sul terremoto. Infatti le notizie continuano a peggiorare: i morti sono saliti a centinaia e la panamericana è bloccata per il crollo di un ponte; è anche crollato l'arco detto della Cattedrale, che abbiamo visto due giorni fa sulla penisola di Paracas. Carla non ne sa ancora niente e mi dà notizie di casa. L'appuntamento all'ingresso di Cuzco è al distributore Grifo di Tika Tika. Anche se non c'è scritta né l'una né l'altra cosa, lo troviamo lo stesso e lì ci aspetta il corrispondente dell'agenzia locale. Per le tre siamo già tutti in albergo, dove ci accolgono con un gradito mate de coca nel patio. Vicino al garage dove portiamo le moto c'è il meccanico consigliato a Carlo da quello di Lima, per regolargli il carburatore alle altitudini locali. Mi consiglia un giro alternativo per vedere Machu Pichu: arrivare in moto a Santa Teresa, stazione all'altro capo del trenino che parte da Cuzco, e da lì andare a piedi o in trenino fino ad Aguas Calientes, campo base per la salita a Machu Pichu. La cosa mi attira molto, magari anche qualcun altro ha voglia di seguirmi. Il resto del pomeriggio è dedicato ad una prima visita della città. E' molto piacevole passeggiare per le vie e le piazze, perché hanno un carattere vecchiotto, molto particolare ed uniforme, per niente rovinato da costruzioni nuove. Sono molto belle soprattutto le 3 o 4 piazze centrali e visitiamo la cattedrale con le due chiese accanto e la chiesa di San Domenico, dove c'è un bel quadro di una battaglia su un ponte, o arco naturale: un locale mi dice che sarebbe la battaglia di Lepanto. In un simpatico mercatino artigianale compro una sciarpa di alpaca e degli orecchini di argento e turchese per Carla. Ceniamo in un ristorante con carne alla brace, un po' caro. La cena è ravvivata dallo scherzo che mi hanno fatto fotografando il sedere del solito ignoto con la mia Nikon: siamo veramente un gruppo affiatato e mi dispiace un po' lasciarli per la visita a Machu Pichu, forse possiamo ritrovarci ad Aguas Calientes, vedremo.

"A Cuzco, nel tempio del Sole, la statua del dio era di oro massiccio, e i suoi raggi consistevano di mille pietre preziose di valore incalcolabile; lo scintillio, a sentire gli spagnoli era quasi insopportabile." Leonard Clark

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Venerdì 17 agosto


Zona di Cuzco e Machu Pichu

"La città ti appare come un tutto in cui nessun desiderio va perduto e di cui tu fai parte, e poiché essa gode tutto quello che tu non godi, a te non resta che abitare questo desiderio ed esserne contento." Italo Calvino

Giornata di visita a Cuzco. Verso le 8:30 arriva in albergo il tipo dell'agenzia corrispondente locale. Ci dice subito che il giro in treno a Machu Pichu per 150 dollari è tutto prenotato e non si può disdire: un serio colpo per me che volevo andare in moto e per Valentina che vuol restare a Cuzco, visto che andrà a Machu Pichu per l'Inca Trail fra un mese con un amico che la verrà a trovare. Discutiamo, ma non demorde. Dopo un paio di telefonate pare che si possa disdire tutto tranne che il treno per il quale hanno già dei biglietti nominativi. Dopo un'oretta arriva la sua collega Giovanna che ci consiglia di andare in stazione a provare a chiedere il rimborso del biglietto. Visto che nessuno mi accompagna, decido di andare in treno anche io, per cui andiamo in stazione solo con il biglietto di Valentina. Alla biglietteria risulta che è possibile farsi rimborsare il 90% del biglietto. Ciononostante una dirigente ferroviaria fa a Valentina un interrogatorio nel quale le chiede persino un certificato medico. Alla fine demorde e ridanno a Valentina 51 dollari. Tutta questa manfrina è abbastanza ridicola e dimostra il gran business che hanno messo su attorno alla loro più grande attrattiva turistica. Quando finalmente torniamo in albergo sono le 10:30, una perdita di tempo dovuta alla testardaggine dell'agenzia corrispondente locale. Si parte tutti in pulmino a visitare 4 siti archeologici negli immediati dintorni di Cuzco per i quali facciamo un biglietto cumulativo, che varrà anche per alcune visite in città e per la Valle Sagrada di domani. A Sachsauaman c'è una bella fortezza circondata da impressionanti mura ciclopiche e con una bella vista sulla città; a Kenko visitiamo un misterioso complesso, forse un santuario per sacrifici, e a Puka Pukara un'alta fortezza più piccola. Certo che gli spagnoli hanno distrutto tutto il possibile, persino trasferito in città parti di mura ciclopiche, ma non sono riusciti a cancellare una civiltà forte e ben radicata. Il pomeriggio passa in visite a chiese monasteri e musei in città, che si concludono con uno spettacolo di balli folcloristici. La cosa più bella e interessante è comunque passeggiare per le vie e le piazze, dove i numerosi turistici non riescono a sopravanzare la vita locale. Mauro trova un buon ristorante dove mangiamo con gran soddisfazione e spendiamo meno di un terzo di ieri sera.

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Sabato 18 agosto


La casa dell'astronomo a Pisaq

Esco a comprare il giornale e le paste per tutti. Poi si parte in pulmino per la gita alla Valle Sagrada e Machu Pichu. La prima tappa è a Pisaq dove visitiamo la cittadella Inca sul ripido pendio andino. Il bravo Ugo ci lascia sopra le rovine e ci recupera in basso evitandoci una fatica inutile. Molto interessanti ed eleganti gli ampi terrazzamenti che servivano sia per le coltivazioni che per contenimento ed ornamento. Ci sono anche mura ciclopiche, i cui massi sono stati prelevati da una cava sull'altro versante della valle, canalizzazioni per l'acqua ed un grande Intiwatana, il calendario e orologio astronomico con la vicina casa dell'astronomo: grande civiltà quella Inca, che valorizzava la nostra professione. Facciamo un giro nel mercato di Pisaq e mangiamo delle buone empanadas cotte in un enorme forno a legna, accanto al quale siede un locale in preda alla coca. La sosta successiva è a Ollantaytambo, dove parte il trenino per Machu Pichu. Prima di prenderlo visitiamo anche qui la cittadella Inca che ha un grande terrazzamento incastonato fra due monti. Bello anche il tempio del sole nella piana sottostante. Il trenino corre lungo la valle del rio Urubamba ed in due ore di sferragliamenti, interrotti da varie soste per gli incroci con treni nell'altro senso, ci porta ad Aguas Calientes, centro turistico fatto solo di alberghi ristoranti e negozietti costruito apposta per le visite a Machu Pichu. Lungo il percorso del treno il paesaggio ed il clima cambiano bruscamente: i monti da brulli ed aridi diventano coperti da una rigogliosa foresta tropicale, mentre la loro forma diventa a panettone.

"Le immense foreste vergini del continente meridionale, percorse solo in pochi tratti perfino da quegli uomini dagli occhi fieri e dai corsetti d'acciaio, vanno quasi tutte ancor oggi sotto un'insegna: Tierra Incognita. Anch'io devo esplorarle. E le esplorerò." Leonard Clark

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Domenica 19 agosto


Machu Pichu

"In dieci anni l'impero inca svanì: Come una fotografia delicata che, esposta alla luce del sole, fosse sbiancata all'istante." Colin Thubron

Grande giornata di visite a Machu Pichu. Per evitare le orde di turisti ci svegliamo prima delle quattro e prendiamo il primo autobus che sale alle rovine. Con noi c'è Monica, una brava guida locale, che ci fa subito salire per un sentiero che porta sopra le rovine. Non credo che dimenticherò lo spettacolo che ci appare in cima con la cittadella Inca adagiata fra i monti Machu Pichu e Huayna Pichu nelle tenui nebbie dell'alba. Monica ci conduce per un'accurata visita e ci lascia alla partenza della salita all'Huayna Pichu. Sono anche io fra quelli che riescono ad arrivare in cima e ne vale veramente la pena per le splendide viste della cittadella, dei monti coperti di foreste e del fiume, anche se devo dire che richiede uno sforzo notevole per controllare le vertigini: anche in questo essere in gruppo aiuta molto in un'atmosfera di rilassata collaborazione. Risaliamo infine verso il Machu Pichu per fare delle foto senza la nebbia. Bisogna riconoscere che questo posto è all'altezza della sua fama, anche se l'ultimo tocco del rapinoso business delle agenzie turistiche è che dobbiamo pagarci da soli il ritorno in autobus ad Aguas Calientes, che avrebbe invece dovuto essere compreso nel pacchetto già pagato. Prima di prendere il trenino del ritorno abbiamo il tempo di fare un piacevole e rilassante bagno nelle vasche termali. Ugo ci aspetta ad Ollantaytambo e ci riporta con il pulmino all'albergo di Cuzco. Nel tragitto ci godiamo una prima impressione dei meravigliosi cieli notturni andini. Per cena ritroviamo Valentina che ha passato due giorni a Cuzco a fare molte belle foto.

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Lunedì 20 agosto


Alpaca a Sallustani

Mi mancava la moto e stamane la riprendiamo per proseguire verso il lago Titicaca, Prima di partire il validissimo Mauro riesce a farsi rimborsare dall'agenzia i soldi che abbiamo speso per l'autobus di ritorno da Machu Pichu ad Aguas Calientes. E' una tappa tutta asfaltata e tutta sopra i 3000 metri con un passo a 4360. Le Ande in questa zona sono brulle e gialline con rari picchi nevosi, non molto spettacolari. Tuttavia non mancano bei paesaggi, acque termali, lagune colorate e greggi di pecore, lama e alpaca. Per pranzo facciamo un picnic alla rotonda di ingresso di un paese ed una venditrice ambulante ci presta il suo banchetto per tagliare un ottimo formaggio. A Juliaca Mauro si ferma ad un distributore per riparare la ruota posteriore, che ha bucato e scendendo dalla moto rimane con il ginocchio incastrato fra un muretto e la moto stessa. Lui non si lamenta, ma gli deve fare parecchio male perché zoppica non poco e la sera Lorenzo gli fa una fasciatura: speriamo che non sia niente di grave. Di tutto ciò noi ci accorgiamo dopo perché, istruiti da Ugo, siamo andati pochi chilometri più avanti a visitare le rovine di Sallustani. Ci sono molte torri funerarie costruite con massi ciclopici sopra una meravigliosa penisola sul lago Umayo. Fra le torri gira un bellissimo gregge di pecore e alpaca accompagnato da una bambina di 10 anni. E' affascinante come queste bestie convivano ed abbiamo anche assunto lo stesso colore. Il gruppo si ricompatta all'entrata di Puno, cittadina sulle rive del lago Titicaca, dove ci fermiamo per la notte. Il lago non mi impressiona più di tanto: mi aspettavo un'enorme distesa d'acqua fra i picchi andini, invece qui è piuttosto modesto, ma penso che il bello debba ancora venire. Prima di cena ho anche il tempo di fare una rapida passeggiata in centro dove la piazza della cattedrale è cosparsa di buffi cipressi potati in forme geometriche o zoomorfe.

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Martedì 21 agosto


Contributo al Titicaca

La giornata stupenda mi incoraggia ad uscire presto: non lontano dall'albergo c'è un bel mercato coperto che si sta animando di venditori e compratori. E' diviso in file di banchi che vendono la stessa cosa. C'è gente che fa colazione con una zuppa di riso e verdure. Io invece torno a far colazione in albergo con dei buoni panini dolci che ho comprato da un panettiere. Poi quasi tutti andiamo a fare una gita in barca alle isole di totora, una specie di canna lacustre, che si trovano sul lago a poche miglia dal porto di Puno. Questa parte del lago forma una laguna cosparsa di alghe e di totora che gli Uru, popolazione locale, hanno usato per costruire isole galleggianti ed imbarcazioni. Quelle attuali sono recenti e a uso dei turisti, ma sono comunque pittoresche ed interessanti. Finalmente recupero Carlo che si è intardigato per la città e partiamo lungo la costa del Titicaca. Purtroppo Enrico ha mal di testa e nausea ed è costretto nel pulmino. Quindi Lars guida la sua Adventure, mentre Alessandra, che è una brava motociclista, guida il Dominator di Lars. Il lago offre panorami meravigliosi con acque blu, montagne innevate, fenicotteri e barchette a vela. Si arriva così alla frontiera con la Bolivia all'altro capo del lago. La presenza di un ponte di confine la fa assomigliare alle frontiere degli stati ex sovietici, ma qui tutto è più pittoresco e rilassato. Lasciamo il pulmino dei validi Ugo e Martìn, trasbordiamo i bagagli ed Enrico su quattro tricicli fino al pulmino di Osvaldo, il boliviano che ci aspetta dall'altra parte. Quando finalmente ripartiamo verso La Paz sono passate le 17 e, anche a causa dell'ora persa con il fuso, è ormai troppo tardi per visitare le rovine di Tiahuanaco, che sono già chiuse. Tuttavia quando ci arriviamo ad un distributore chiuso c'è un malinteso: con Giovanni ripartiamo dietro a Valentina che cerca benzina e si affretta per non fare aspettare gli altri, che invece tornano indietro e prendono la deviazione per le rovine. Così quando arriviamo all'ingresso di La Paz dobbiamo aspettarli per tre quarti d'ora. Poco male, se non che Mauro, alle mie rimostranze perché in frontiera mi aveva detto che le rovine erano già chiuse e che avremmo proseguito per La Paz, mi accusa di essermi sbagliato. Comunque non è successo niente di grave ed Enrico sta meglio. L'arrivo a La Paz è spettacolare anche con il buio. Da un costone dell'altopiano ci appare la città sottostante illuminata e degradante su molti pendii. Il traffico è caotico nonostante la presenza di molti poliziotti.

"Nell'America Latina non c'è nulla che debba cominciare proprio oggi. Là è sempre mañana." Leonard Clark

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Mercoledì 22 agosto


L'Huayna Potosi dal Chacaltaya

Con Mauro, Lars e Carlo approfittiamo della giornata di sosta a La Paz per andare in moto al Chacaltaya, mentre gli altri ciondolano per la città. Risaliamo a El Alto, la parte alta della città e continuiamo a destra per un facile sterrato. Ad un bivio chiediamo all'autista di un autobus, che ci manda per una strada che arriva ad alcune case su una laguna ed è chiusa da una sbarra. Mi spiegano che la strada giusta è un'altra e me la indicano sul costone della montagna. Cerchiamo di raggiungerla per un ripido viottolo, che Lars va a verificare. Lo seguiamo e ci viene qualche dubbio. Mauro va avanti a controllare e torna dicendo che quella è solo la strada per la manutenzione della linea elettrica. Sulla costa poco più sotto c'è un sentiero che sembra portare nella direzione giusta. Lo prendiamo per un breve tratto, ma poi peggiora e non me la sento di proseguire. Mentre Lars mi offre di proseguire dietro di lui, sulla strada giusta sul costone vediamo passare un grosso camion e capiamo che deve esserci un'altra strada, probabilmente quella del bivio dell'autista dell'autobus. Tornando indietro per il viottolo mi scivola la ruota anteriore e cado con una capriola. Per fortuna niente di grave e Lars mi aiuta a rimettere in piedi la moto. Poco sotto Carlo, che aveva desistito, girando la moto è caduto e gli si è rotto lo specchietto. Glielo tolgo ed approfittiamo per fissare con del nastro americano il parabrezza di Lars, che si è allentato. Giunti all'incrocio ci fermiamo ad aspettare Carlo, che però prosegue dritto verso La Paz. Lo sterrato giusto non è difficile e sale con viste meravigliose sui picchi circostanti fino ad un rifugio a 5258 metri. L'aria fine, il sole caldo ed il panorama stupendo allietano questo nostro record di altezza motociclistica. Il vero duro è però un ciclista che arriva poco dopo di noi. Dice che viene da El Alto, che sono solo 17 chilometri e che basta essere allenati. Comunque, mentre lui ridiscende, per noi non è finita e continuiamo a piedi fino alla vetta a 5394 metri. Lo spettacolo è esaltante e sto insperatamente bene, a parte un po' di fiatone. Le valli ed altopiani circostanti sono percorsi da vari sterrati e sarebbe bello avere tempo per percorrerli tutti. Mi arriva un messaggino di Enrico che annuncia che Carlo è arrivato felicemente in albergo, cosa di cui non dubitavamo. Torniamo a La Paz che sono le cinque ed andiamo a cenare presto mentre gli altri vanno ad un concerto di musica andina.

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Giovedì 23 agosto


La Paz, Uyuni, San Pedro, Antofagasta, Paranal

Sorpresa: il diario è stato modificato con aggiunte di facezie. Rimedio con una copia dal cestino e cerco di far finta di niente. Esco per una rapida visita di La Paz, avvantaggiato dai consigli dei compagni che l'hanno visitata ieri. Vado ai 4 musei con biglietto cumulativo: quello con la storia della Bolivia e della perdita del suo sbocco al mare nella guerra con il Cile, quello delle maschere, quello dei reperti archeologici d'oro e di pietra e la casa di Murillo. Molto piacevole una raccolta di foto dei primi del '900, che illustrano la moda delle signore dell'epoca, parigina con influenze locali. Poco sotto c'è la chiesa di San Domenico, con una bella facciata barocca, un po' costretta fra le case. Di scarso interesse è invece la cattedrale, piuttosto moderna. L'oratorio di Sant'Agostino ha delle buffe targhette votive. Molto piacevoli sono gli edifici che contengono il Museo degli strumenti musicali e quello di arte contemporanea. Le viste sui picchi andini fra le case ricordano che siamo a quasi 4000 metri. Il pomeriggio è dedicato ad una tappa di trasferimento verso i Salares, quasi senza storia, tranne l'attraversamento della vivace Oruro, dove Carlo rischia di perdersi, ed un bel tramonto in un'ampia e brulla valle, con le prime lagune salate. L'arrivo alla polverosa Challapata inaugura la parte più scomoda del viaggio, ma anche la più spettacolare, che inizia con un bel cielo stellato. La sera Eleonora mi confessa che è stata lei con Valentina e Lorenzo a modificare il diario, ammetto che è stato un bello scherzo e tutto finisce a noccioline e anguria.

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Venerdì 24 agosto


Le ombre si allungano sul Salar de Uyuni

Faccio un'ottima colazione ad un banchetto all'aperto con tè e focaccia fritta. Una signora seduta accanto mi erudisce sul cibo locale. Sorpresa: arriva solo una delle due jeep che ci accompagneranno sui Salares, e in più in ritardo. Mauro ha uno scambio di telefonate con l'agenzia, hanno rotto una jeep, che potrà arrivare solo stasera. Iniziano così delle lunghe discussioni, perché era previsto che le signore potessero viaggiare su una jeep, ma non ci starebbero su una con i bagagli. Alla fine decidono di lasciare i bagagli in albergo, che ci porterà stasera l'altra jeep e le signore salgono sull'unica jeep. Spinto da Valentina convinco Mauro a portarci almeno i sacchi a pelo, e per fortuna. Quando abbiamo fatto benzina (anche 300 litri sulla jeep) partiamo che sono già le dieci e mezzo. Dopo qualche chilometro di asfalto, inizia uno sterrato con sabbioni piuttosto insidiosi. Molti di noi cadono senza troppi danni. Anche a me si appoggia la moto a terra e Lars mi aiuta ad alzarla. Giulio, che è un po' irruente, rompe il parabrezza e lo toglie. Il paesaggio diventa sempre più bello man mano che ci avviciniamo ai Salares. Ci fermiamo per pranzo in un villaggio e Claudio, l'autista della Jeep e sua figlia Betti ci preparano un buon piatto di riso, pomodori, tonno e cetrioli. Più avanti ci fermiamo accanto ad un grande cratere, probabilmente da impatto di meteoriti. Prendo una pietra da far analizzare a Mario Di Martino. L'arrivo sul Salar de Uyuni accanto al vulcano Tunupa è spettacolare ed abbiamo anche modo di sperimentare la meravigliosa guida sul Salar: è piatto e bianco, meglio che asfalto perché ti accompagna con lo scricchiolio del sale. Si può scorrazzare in tutte le direzioni senza rischio di perdersi. Arriviamo al villaggio di Coqueza dove c'è un semplice alberghetto per la notte. Rosanna prepara delle graditissime tagliatelle e l'atmosfera è molto unita. Naturalmente la jeep con i bagagli non arriva, ma abbiamo i nostri sacchi a pelo. Dopo una breve osservazione del meraviglioso cielo stellato con una mezza luna, tutti a letto presto, ché si è spento il generatore.

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Sabato 25 agosto


Coqueza, Uyuni, Alota, Villa Mar

"Vedendo ogni altura coronata dal suo cratere e i confini fra la maggior parte delle colate di lava ancora distinti, siamo portati a credere che in un periodo geologicamente recente si stendesse qui sopra l'intatto oceano. Perciò, tanto nello spazio come nel tempo, ci sembra di essere in certo modo vicini a quel grande fenomeno, il mistero dei misteri, che fu la prima comparsa di nuovi esseri su questa terra." Cherles Darwin

Ci alziamo alle prime luci per vedere l'alba sul Salar. E' freddo (1 o due gradi), ma lo spettacolo compensa. Faccio molte foto, i colori del Salar e dei monti circostanti e l'armonia dei fenicotteri fanno tutto il resto. Poi via sul Salar verso sud in direzione dell'isola Incahuasi (casa dell'Inca, detta anche isola dei pescatori). Ovviamente le signore non perdono l'occasione di farsi il Salar in moto. La sensazione di libertà, che già dà la moto normalmente, viene qui centuplicata, sommando il bello della moto a quello della barca: hai la velocità e la possibilità di andare in qualsiasi direzione senza costrizioni di strade. Mi esalto talmente che non mi fermo con gli altri a far foto in mezzo al Salar, ma arrivo direttamente all'isola di cui avevo segnato al posizione sul GPS, prendendola da una cartina. E' un grande scoglio di corallo, coperto di cactus giganti che spunta dal bianco del Salar. Ne faccio il giro in moto e chiacchiero con un veneto, proprietario di GS, che però è qui in jeep. Poi con Eleonora e Lorenzo camminiamo fino alla cima a vedere il Salar dall'alto fra i cactus. Si continua per 240 gradi fino all'albergo letteralmente di sale, dove facciamo uno spuntino. Poi gli autisti delle jeep ci portano a Colchani, dove c'è un mercatino artigianale, passando dalle saline, che non riescono nemmeno a scalfire l'enorme quantità di sale che c'è qui. All'una giungiamo puntuali ad un ristorante di Uyuni per il pranzo. Poi laviamo le moto e finalmente ripartiamo con le signore di nuovo sulla jeep, ma ce la siamo presa con troppa calma. Infatti quando arriviamo a Villa Alota per un facile sterrato ventoso, dopo aver rifatto il pieno ad un inatteso distributore a San Cristobal, il sole già tramonta. Per approfittare delle ultime luci decidiamo incautamente di proseguire senza aspettare le jeep, seguendo le indicazioni di un locale. Passato un primo facile guado arriviamo ad un secondo assai più impegnativo. Il baldo Lars lo passa affondando fino alle bavigi; lo passa anche Enrico e gli si spegne il motore, quando per fortuna è già dall'altra parte. Mentre noi altri siamo lì incerti, passa una jeep che ci dice che a monte c'è un guado assai più facile. Lars cerca allora di tornare indietro ma si impantana nel fango. Con Enrico lo aiutiamo a tirarsi fuori guazzando faticosamente nell'acqua gelida e nel fango nero. Nel frattempo le jeep con tre di noi, che erano rimasti a Villa Alota, sono arrivate al guado più a monte da un'altra strada. Le raggiungiamo, ma manca Giovanni, che dal guado difficile era tornato indietro ad avvertire gli altri, a dimostrazione che i guai non vengono mai da soli. Lorenzo e Lars vanno a cercarlo e quando tutti ritornano è notte fonda e dobbiamo farci ancora un'ora e mezza di sterrato reso difficile da vari sabbioni e soprattutto dal buio. Su un sabbione mi cade la moto che resta accesa in seconda con il cambio sotto. L'adrenalina è talmente alta che la rialzo tirando la frizione e riparto senza spegnerla. All'arrivo a Villa Mar siamo piuttosto arrabbiati con gli autisti delle jeep per questo contrattempo organizzativo: avremmo dovuto fermarci a Villa Alota come da programma. Cercano di farsi perdonare preparando subito delle bevande calde ed offrendoci due bottiglie di vino per cena. Poi si scoprirà che ci hanno portato fin qui perché questo è il loro villaggio. Questa è una cosa da non ripetere nei prossimi viaggi.

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Domenica 26 agosto


Villa Mar, Laguna Colorada, Laguna Verde, San Pedro, Calama

Ci sono 8 gradi sotto zero, ma il sole scalda l'aria abbastanza in fretta. Gli stivali sono quasi asciutti anche se un po' bruciacchiati dalla stufa vicino alla quale li ho messi ieri sera. Si continua sullo sterrato verso sud, che con la luce del giorno è assai meglio, mentre le signore viaggiano su una jeep, che abbiamo dovuto far partire a spinta. Passiamo un guado ghiacciato salendo verso un passo. Scendendo c'è una bella laguna sulla destra e ci fermiamo a scaldarci al sole sulla sabbia. Arriviamo presto a Laguna Colorada: è di un bel colore marrone rossiccio in cui si confondono vari stormi di fenicotteri. Le giriamo attorno per metà ed arriviamo per pranzo al più spartano ricovero di tutto il viaggio, dove pranziamo. Nel pomeriggio per ingannare il freddo e lo squallore del ricovero vado con Lars a fare una passeggiata lungo la laguna. Saliamo anche un po' sulle pendici del vulcano che la sovrasta a nord e lo spettacolo ci compensa del vento gelido. Poi non resta che farsi una pennichella nel caldo del sacco a pelo fino ad ora di cena. Dopo cena anche le signore meno schifiltose si scaldano con il mio whisky ed Eleonora ci legge un po' del mio diario burlato. Credo che sarebbe stato assai meglio fermarsi ieri sera a Villa Alota e poi arrivare alla laguna Colorada non da Villa Mar, ma più da est per vedere varie cose fra cui l'albero di pietra: ci siamo purtroppo abbandonati ai capricci degli autisti.

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Lunedì 27 agosto


La Laguna Verde e il Licancabur

Alle 8:30 siamo tutti pronti pronti a partire nel gelo, ma gli autisti fanno ancora colazione. Quando finalmente arrivano, le jeep non partono. Ne facciamo partire una a spinta, ma Claudio, l'autista la spegne subito perché la ventola è bloccata. Dopo che l'ha sbloccata con acqua calda, non riusciamo più a farla partire a spinta perché è ormai finita in un avvallamento. Claudio ha la faccia tosta di accusarci di non avere forza e di essere delle femminucce, mentre tutto questo non sarebbe successo se lui avesse avuto un briciolo di intelligenza ed avesse parcheggiato la jeep sul pendio ieri sera. Finalmente le jeep partono con l'aiuto della batteria di una jeep di passaggio che devono trasportare per mancanza di cavi. Cerchiamo di non farci rovinare la giornata dagli autisti godendoci il paesaggio e costringendoli a rispettare il programma, mentre loro vorrebbero arrivare subito al confine. Dopo un passo sui 4800 metri arriviamo in una zona molto spettacolare, chiamata Sol de Mañana, dove ci sono dei soffioni e delle pozze di fango ribollente. Riesco anche a scaldarmi le mani su un soffione, ma bisogna fare attenzione ai fumi che tolgono l'ossigeno, già scarso a quest'altezza. Poi scendiamo al Salar de Chalviri, sul cui bordo occidentale c'è una bella pozza di acqua termale calda. Molti di noi si mettono in costume e fanno il bagno. Il freddo dell'aria è ampiamente compensato dalla temperatura ideale dell'acqua e dallo spettacolo che si gode dalla pozza. Ci ripuliamo così della polvere e della tensione degli ultimi giorni. Proseguiamo verso sud fino alla meravigliosa Laguna Verde, sotto il vulcano Licancabur. Da lì in breve si arriva al confine con il Cile. Il posto di frontiera boliviano è molto spartano e le pratiche si concludono rapidamente. Non così il commiato dagli autisti boliviani che ci hanno fatto comprare e mettere nei loro bidoni molta più benzina di quella necessaria per cui ne sono avanzati più di 80 litri, nonostante che abbiamo fatto tutti il pieno. Ne mettiamo una ventina nel serbatoio del pulmino cileno che ci è venuto a prendere e siamo costretti a regalare il resto agli autisti, che non se lo meritano. Pretendono anche da Giovanni e Rosanna il pagamento di 200 boliviani per un tavolino che avrebbero rotto all'albergo di Challapata. Davanti a tutti caricano su una jeep un lingotto di rame del peso di almeno un quintale, evidentemente contrabbandato dal Cile. Comunque siamo in Cile e l'atmosfera cambia decisamente. La strada diventa presto di un ottimo asfalto, con addirittura corsie di emergenza per i camion. Nella ripida discesa verso San Pedro de Atacama la temperatura sale da 0 a 17 gradi. Enrico non vuole abbandonare lo sterrato e si avventura per una pista laterale, ma viene subito richiamato dall'autista del pulmino che dice che la pista è minata. Al posto di frontiera cileno i controlli sono assai più accurati e ci fanno smontare ed aprire tutti i bagagli. San Pedro è un paese assai turisticizzato ma di cui si può ancora cogliere il fascino. Per cena ci separiamo fra quelli che insistono con il cibo locale e quelli che hanno nostalgia della pizza.

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Martedì 28 agosto


La Valle della Luna

In albergo non c'è colazione ed è un'occasione per uscire presto. Compriamo delle paste in una pasticceria ed andiamo a mangiarle ad un chiosco che serve caffè e tè. La mattina è meravigliosa ed il sole scalda presto. Infatti quando arriviamo alla valle della Luna tutti bardati, dobbiamo subito spogliarci. All'ingresso del parco ci illustrano un giro da fare in moto ed a piedi. Facciamo una bella passeggiata in un canyon scavato da un corso d'acqua che in alcuni punti è passato sotto terra: quindi mi torna utile la pila a scuotimento. Sembra quasi un paesaggio di sabbia costruito da un bambino come un castello sulla spiaggia. Proseguiamo fino ad un'alta duna sulla quale saliamo ad ammirare il paesaggio circostante, che in certi punti mi ricorda quello delle Montagne Fiammeggianti in Cina. Poi ci fermiamo a far foto ad un gruppo di rocce chiamato le Tre Marie ed infine prendiamo una deviazione per una mini era abbandonata. E' molto bello anche il ritorno in albergo attraverso la Cordillera de Sal. Ritroviamo Carlo su un'amaca: ha passato la notte in bianco per il raffreddore. Carichiamo i bagagli su uno scassato pick up ed è ora di partire per l'ultima tappa, quella che ci porta ad Antofagasta per lunghissimi rettilinei ben asfaltati la cui unica difficoltà consiste nell'aspettare il pick up, che alla fine miracolosamente ce la fa anche lui. L'arrivo ad Antofagasta, moderna e piena di traffico, ci riempie di soddisfazione, ma ci fa sentire la fine del viaggio. Proprio adesso che ho preso il ritmo: invidio molto Valentina che ha la possibilità di restare altri due mesi da queste parti.

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Mercoledì 29 agosto


All'Osservatorio di Paranal

Con Mauro andiamo all'agenzia di trasporti ad organizzare la spedizione delle moto e passiamo dagli uffici dell'ESO per confermare la visita a Paranal per il pomeriggio. Intanto i compagni hanno deciso di cambiare albergo e ci spostiamo con armi e bagagli. Poi c'è un po' di tempo per visitare Antofagasta: non offre molti monumenti, e quei pochi sono moderni, ma è vivace e piacevole, un po' come una Milano del Cile. Pranziamo presto e partiamo ancora verso Sud per Paranal, dove ho organizzato la visita all'Osservatorio. Per me si tratta di realizzare un sogno e gli altri mi danno la soddisfazione di accompagnarmi tutti; Valentina, la saggia, viene in moto con me. Arriviamo puntualissimi alle 15:30 e ci accoglie Antonio Saldia, il responsabile della sicurezza che parla bene italiano. Non ci lascia entrare con le moto, ma ci porta a visitare la piattaforma dei telescopi, l'interno di UT2, la stanza di controllo dei telescopi ed infine l'hotel. Ho l'opportunità di condurre i miei compagni di viaggio per un viaggio, purtroppo breve, per l'universo e le tecnologie che usiamo per studiarlo e spero di esserci riuscito. La sera ceniamo ad Antofagasta in un buon ristorante di pesce che mi ha consigliato la signora dell'agenzia di trasporti.

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Giovedì 30 agosto


Chi ha più capelli?

Imbarchiamo le moto nel container: le operazioni procedono senza intoppi, ma durano comunque tutta la mattina. Riusciamo anche a risparmiare più di 20 euro a testa sui costi previsti, perché ci carichiamo le moto da soli. Nel pomeriggio andiamo con un pulmino a vedere la Portada, un arco naturale sul mare. E' bella soprattutto la passeggiata che facciamo sulle spiagge sotto la scogliera che sono animate da molti uccelli, fra cui anche un bel branco di pinguini. Ci concediamo l'ultima cena al ristorante del Club de Yates, dove Giovanni si esibisce un brindisi cumulativo.

Brindisi finale di Giovanni

Questa sera è qui riunita
la Transandina ormai finita...
Tutti, con estremo coraggio,
concludemmo questo viaggio!
C'è Lorenzo dal grande uccello
e il conte Lars, tra tutti il bello;
Alessandra e il biondo Enrico
tra tutti noi, di certo il più fico.
Poi da Roma c'è anche Carlo,
come fai a dimenticarlo...
C'è Eleonora, bimba mora
di Lorenzo la signora.
Non ho poi dimenticato
quel di Taranto, l'avvocato
che col suo BMW
è stato più giù che su,
ma da sera a mattina
con le cure di Cristina,
giunse con noi, e questo basta,
alle rive di Antofagasta...
Pier e Silvana, da Milano
con la moto zafferano.
C'è Sperello Alighieri,
astronomo d'oggi, poeta di ieri,
e c'è Mauro Bernardini,
noto principe dei gradini.
C'è ancora la nostra regina
da Livorno, Valentina
e c'è infine la mia sposa,
consentitemi, la più hermosa.
Tutti qui a mangiare e bere
a sorridere e ricordare
monti fiumi e colori,
volti, sguardi e odori
di un mese vissuto in moto
in contesto a tutti ignoto.
Ma ormai è finito lo svago...
Tutti domani si va a Santiago
e dopo un mese tutto d'oro
lunedì tutti al lavoro.
Son felice e compiaciuto
di aver tutti conosciuto
ma non vorrei dimenticare
prima qui di terminare
che, qui, in queste terre
ha primeggiato il mio DR.

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Venerdì 31 agosto - Domenica 2 settembre


Arrivederci al Pacifico

E' il giorno della partenza e con Lars e Mauro andiamo a fare una passeggiata lungo il Pacifico, prima di abbandonarlo. Si parte in pulmino per l'aeroporto e si cerca di dissimulare la tristezza cantando come ad una gita scolastica. A Santiago, prima tappa, lasciamo Valentina che tornerà in Perù per un programma di cooperazione che prevede l'istallazione di pannelli solari termici per la scuola di un villaggio. La invidio ed ammiro non poco per la possibilità di continuare a viaggiare e vivere in Sudamerica e di mettersi alla prova per gli altri. Ad Atlanta vado con Eleonora e Lorenzo a vedere il museo High di arte moderna. C'è una bella mostra fotografica di Annie Leibovitz e l'edificio fatto da Renzo Piano è molto bello e funzionale. A Fiumicino Carla non viene a prendermi, perché non si è svegliata in tempo, sarà la voglia di rivedermi. Ma ha in serbo una bella sorpresa: una gattina nera di sei settimane, futura moglie di Cactus.

"All'uomo che cavalca lungamente per terreni selvatici viene il desiderio d'una città. Finalmente giunge a Isadora... I desideri sono già ricordi." Italo Calvino

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Alcuni numeri

Dalla partenza da Guayaquil il 7 agosto 2007 all'imbarco ad Antofagasta il 30 agosto 2007 la moto ha percorso 5882 km e consumato 326,31 litri di benzina, percorrendo quindi in media 18,03 km/litro. La moto è andata sempre bene e non ha avuto nessun serio inconveniente. Ha battuto il record di altezza salendo fino ai 5258 metri del rifugio sul Chacaltaya. Ho bucato una volta la ruota posteriore, la moto mi è caduta tre volte senza danni, a parte la rottura del faretto destro. Le gomme tassellate che erano nuove alla partenza, all'arrivo sono piuttosto consumate, la posteriore quasi finita. Sul più bello ha smesso di funzionare il riscaldamento alla manopola destra (infatti sto scrivendo con la sinistra...).

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Detti celebri

"Ho recuperato un'altra settimana di lavoro", Enrico dopo ogni giro sulle dune della penisola di Paracas.

"Il prossimo terremoto non domani, né dopodomani", Alessandra alla guida della cattedrale di Lima due giorni prima del terremoto di 7,7 gradi della scala Richter.

"Qua siamo alla Venezia del Perù", Lars a Cuzco.

"Giovanni è colui che non ti lascia mai essere ultimo."

"Sperello, tu che sei astrologo potresti dirmi quando finalmente cagherò?"

"Questa è una Sperellata", Lorenzo alle mie stravaganze.

"Sei partito con un GS e ti ritrovi con una cicala", Enrico a Giulio dopo una sua caduta sui sabbioni.

"Avevo calcolato tutto, ma c'era quella buca là", Lars dopo essersi impantanato nell'ennesimo guado.

"Mosè", soprannome di Pier, abilissimo nei guadi.

"Possibile che con tutto questo investimento di osservatorio non riescano ancora a fare un oroscopo decente", Carlo durante la visita a Paranal.

"Manca Belìn", Rosanna in assenza di Lorenzo.

"Chi semina col culo raccoglie col culo", professor Pier.

"Alla faccia...", Lars alle russate di Mauro.

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