Diario di viaggio

In moto in Ladakh, agosto 2016

 

Ai miei compagni di avventura.

Ho cercato di scrivere libero, attenendomi ai fatti, ma lasciando inevitabilmente trapelare le mie opinioni, indipendentemente da quelle di chi legge. Se così facendo ho offeso qualcuno, non era mia intenzione e me ne scuso sinceramente (ogni riferimento a persone e fatti reali è puramente casuale!).

 

“Ogni qual volta incontro uno ‘straniero’ provo sempre la stessa sensazione:sto conoscendo un altro componente della famiglia dell’umanità’. Questo atteggiamento ha reso più profondo il mio affetto e il mio rispetto per tutti gli esseri umani.” Tensin Gyatso, XIV Dalai Lama.

Indice:

Itinerario del viaggio (in azzurro) preparato con GoogleEarth

 


Domenica 31 luglio

La moto con tigre

Arrivo a Dehli con 13 compagni di viaggio verso le 8. Sono Alberto di Pesaro, il coordinatore, Michele e Francesca di Aci Reale, Marco e Alessandra di Bergamo, Florian e Martina friulani, Arnulf e Luisa di Torino, Roberto e Danilo marchigiani, Adriano di Cuneo e Massimo di Mantova. Andiamo subito con un pulmino a prendere le moto dal corrispondente di AnM. Sono tutte Royal Enfield 350 cc luccicanti ad aspettarci. Sono 10 moto per 14 partecipanti perché ci sono 4 coppie. Le moto vengono sorteggiate e nessuno si lamenta. Dopo una serie di formalità, facciamo benzina e alle 11 e mezza si parte. Seguiamo il pulmino dei bagagli guidato da Tari, che porta anche il meccanico Manush, perché l’uscita da Dehli è complicata e lunga. Seguiamo la Asian Highway 1 in direzione Nord. Il traffico è sostenuto ma non terribile, molto caldo e umido, anche senza sole. E’ nuvolo, ma per fortuna non piove. Nel pomeriggio si vede anche il sole. Pranziamo in uno dei tanti Dhaba (punto di ristoro), rigorosamente vegetariano. Arriviamo a Chandigarh verso le 18:30 dopo circa 280 km. Dopo la doccia tutti a cena in un buon ristorante.

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Lunedì 1 agosto

Il fiume Beas

Sveglia per partire alle 7 e siamo tutti pronti, ma all’ultimo momento ci accorgiamo che la ruota anteriore della moto di Michele è bucata. Il meccanico interviene prontamente, ma l’unica cosa che può fare è portare la ruota a riparare da un gommista. Noi ne approfittiamo per fare colazione e finalmente si parte alle 8:30, sempre verso nord e sempre dietro al pulmino per l’uscita dalla città con il traffico del giorno di lavoro. I primi 80 km fino a Kiratpur sono in pianura su autostrada. Poi si passa un affluente del Sutlej e si comincia a salire. La strada diventa molto bella per le moto con curve su buon asfalto, tranne qualche piccolo pezzo con lavori. Si sale e si scende tra monti boscosi, coltivazioni a terrazze, fiumi, cascate. Ci sono molti camion e autobus, ma con le moto ce la caviamo. Ci fermiamo su una meravigliosa terrazza coperta con vista sulla valle del Sutlej. Poco dopo pranziamo, sempre vegetariano. Si prosegue in gruppo sparso e purtroppo la moto di Danilo buca la ruota dietro. Allora Alberto gli dà la sua moto e aspetta il pulmino, il meccanico gonfia la ruota e fanno qualche chilometro fino a un meccanico che offre logistica, ma è il nostro meccanico che sostituisce la camera d’aria. Noi nel frattempo proseguiamo fino ad arrivare a Manali verso le 19. Dopo aver pagato per l’ingresso della moto a un check point, arriviamo all’albergo che troviamo facilmente. Poco dopo arrivano anche il pulmino e la moto con Alberto. Ceniamo in albergo e poi tutti a nanna presto perché domani mattina ci si sveglia alle 4:30.

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Itinerario del viaggio (in azzurro) fra Manali e Tso Kar

 


Martedì 2 agosto

Cascata sul Chandra

Si parte alle 5:30 perché dobbiamo passare un posto di blocco per le 6. Piove fisso, quindi tuta da pioggia, sotto ho solo una maglietta e la giacca da moto. Già comincia a far chiaro, ma il traffico è poco. Si sale per una strada stretta ma asfaltata. Al posto di blocco c’è il tempo di perfezionare l’abbigliamento, ma non ho gran che da cambiare. Il mio punto debole sono i piedi, ho solo le scarpe da trekking. Sui 3000 metri di altezza c’è un gruppo di tavole calde e ci fermiamo a fare colazione. Più su la strada peggiora con buche e tratti sterrati. Il punto peggiore è su un costone dove la strada è trasformata in torrente con 20 cm di acqua, ciotoli e bella salita per almeno un centinaio di metri. Ho qualche difficoltà anche perché la moto inavvertitamente era in seconda marcia, quindi devo appoggiare i piedi che si inzuppano. Appena metto la prima, riesco a superare l’ostacolo. Arriviamo al passo Rothang (m 3988) verso le dieci, ci fermiamo per le foto di rito, salgo a piedi i 12 metri fino ai 4000 e ripartiamo sempre sotto la pioggia. Scendendo dal passo le nuvole si fanno meno fitte e quando siamo in fondo alla discesa c’è il sole su una stupenda valle trasversale. Ci fermiamo e ne approfitto per togliermi tuta giacca, scarpe e calze per asciugarmi. Andando a destra si andrebbe nella Spiti Valley. Noi invece andiamo a sinistra. La valle è bellissima con villaggi, coltivazioni, cascate che vengono giù da ghiacciai. Siccome è la strada principale fra Manali e Leh, è percorsa da turisti e traffico pesante, oltre che dai locali. Ci fermiamo a pranzare a Keylong e poco dopo verso le 15 arriviamo a Jispa, 3270 m, dove c’è l’albergo della notte. C’è il tempo di ripulirsi, asciugare i vestiti bagnati, fare il bucato e gironzolare nei dintorni. Con Francesca capitiamo ad una specie di sagra locale dove, dopo una competizione di lavoro a maglia, proiettano un film sotto un tendone che accoglie solo le donne, mentre gli uomini guardano da fuori. A cena le mie foto del giorno hanno un discreto successo, merito dei paesaggi.

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Mercoledì 3 agosto

Morey Plains

Dopo aver fatto colazione in albergo si parte verso Nord alle 6:30, lungo la strada principale Manali-Leh. Il tempo è un po’ nuvoloso, ma non piove e ci sono veri sprazzi di sereno. Dopo un posto di blocco e un ponte si sale verso il primo passo della giornata, il Baralacha La a 4890 metri. Quando ci arriviamo purtroppo c’è nebbia, ma si dirada presto e ci appaiono paesaggi di monti meravigliosi, non altissimi, hanno solo un po’ di neve sulle cime, ma coloratissimi e pieni di strane formazioni geologiche. La strada è meglio di ieri con solo qualche pezzo di sterrato e qualche guado non difficile. Dopo il primo passo la strada rimane in quota. Ogni tanto mi fermo a fare foto al paesaggio ed agli altri. Fra i 3 passi della giornata non si scende tantissimo e si rimane quasi sempre su un bellissimo altopiano fra i monti. Dopo il primo passo c’è un posto di blocco a Sarchu, faccio le carte da solo per provare come funziona e aspetto gli altri. Prima del secondo passo c’è un’impressionante serie di tornanti, incrociamo moltissime Royal Enfield, sia con occidentali sia con indiani, e molti camion e autobus. Arrivo da solo a secondo passo, il Nakee La 4904 metri. Subito dopo in discesa si spegne la moto improvvisamente. Continuo in discesa senza motore per circa un chilometro e poi mi fermo ad aspettare. Dopo mezz’ora arriva il pulmino e il meccanico si dà da fare a riparare. E’ bravissimo, smonta il serbatoio e i coperchi delle valvole e scopre che la valvola di scarico è bloccata perché ha grippato il perno del suo bilanciere. Lo smonta, lo lima lo olia bene e poi rimonta tutto. Ci vuole comunque un’ora. Nel frattempo Roberto ha vomitato e sale sul pulmino. Si riparte e facciamo rapidamente il terzo passo, il Lachung La a 5035 metri. Quando finalmente arriviamo a Pang, il posto del pranzo, sono le 15:30. Pranziamo e arriva Danilo che aveva bucato poco prima. Dobbiamo comunque aspettare che venga riparata la foratura. Quando finalmente tutto è pronto sono quasi le 5 a temiano di non farcela ad arrivare alla nostra meta, il lago Kar, prima di buio. C’è chi vorrebbe rimanere a Pang a dormire. A me sembra che perderemmo tempo e cose belle da vedere. Quindi riesco a convincere gli altri di proseguire almeno fino all’incrocio sulla strada principale, sono 43 km, e casomai dormire lì o lì vicino.. In effetti non sappiamo niente sugli altri 15 km fino al lago. Quindi si parte e la strada è bellissima, dritta, larga, in piano e con asfalto buono. Arriviamo all’incrocio in 40 minuti. Lì troviamo il pulmino che sostituirà il nostro. Gli autisti ci convincono che la strada per il lago è buona, in effetti se ne vede una buona parte. Quindi andiamo al lago. Arrivati lì succede una buffa scena. La guida corrispondente locale ha il voucher e il depliant del nostro campo tendato, ma non sa dove sia. Quindi deve andare a cercarlo. Finalmente ci arriviamo verso le 18:30, ben in tempo prima del buio. Il posto è stupendo con il lago il lontananza e montagne intorno. Siamo tutti un po’ disturbati dall’altitudine, perché siamo saliti troppo in fretta. Qui siamo a 4580 metri. Io ho un po’ di mal di testa e sono rincretinito, forse si vede da come scrivo. Il campo tendato è piacevole, cena e poi subito a nanna sotto un bel coltrone.

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Giovedì 4 agosto

Orfani tibetani a Sumdo

Questa mattina partenza calma alle 9, quindi dormo 10 ore con un paio di brevi interruzioni e poi c’è il tempo di sistemare le cose con calma. Purtroppo Roberto e Alessandra stanno ancora male; allora Alberto li fa accompagnare dal pulmino fino al bivio sulla strada principale, dove prendono un taxi per Leh e li ritroveremo domani. Io ho ancora un po’ di mal testa ma mi sta passando. Si inizia con uno sterrato lungo il lago Kar, che però si vede poco perché è circondato da aquitrini. Poi si sale dolcemente su una stradina asfaltata in una larga valle fra monti colorati fino al passo Polokongka La di 4930 metri da cui si scende in parte su sterrato verso Sumdo, dove visitiamo una scuola per orfani tibetani. Entriamo in una classe con una quarantina di bambini sui 4-7 anni con due maestre. Fanno varie attività, c’è chi scrive in tibetano con una matita su un quaderno, chi gioca con i Lego, chi ascolta la maestra. Ci sediamo con loro a guardare e a fare foto. Su una parete, vicino alla foto del Dalai Lama c’è un’immagine del monte Kailash. Poi a gruppi i bambini cantano e ballano per noi. La scena è veramente commovente, pensando a cosa avranno passato, le loro facce lo raccontano. Ci sono altre classi più piccole, una cucina ed un gran dormitorio con ordinatissimi letti a castello e un lunga fila di pantofole fuori. Lasciamo una donazione con la cassa comune e ne lascio anche una personale. A Sumdo giriamo a destra e poco dopo ci fermiamo a pranzare con calma. Una stradina asfaltata ci porta al Namshang La a 4906 metri, da cui si scende al piccolo lago Kiagar, un gioiello azzurro e verde incastonato fra monti in parte nevosi. Un altro lieve passo ci porta al grande lago Moriri, che dista solo una quarantina di chilometri dal confine con il Tibet. Lasciamo la strada asfaltata per seguire la riva ovest fino a Kurzok, la meta della notte. Ci aspetta un bel campo tendato con belle tende nuove, ciascuna con il suo bagno. Dopo una doccia con il catino, vado a fare un giro, salgo ad una bianca tettoia sulla collinetta soprastante e da lì vedo che dall’altra parte c’è un importante monastero sovrastato da vari stupa e da un grande muro mani. Nel monastero c’è una cerimonia religiosa dove molti monaci con il berretto rosso cantano preghiere accompagnandosi con un tamburo. Per entrare un monaco mi fa pagare un biglietto, ma così posso fare foto. Dopo cena andiamo a letto presto che domani ci si sveglia alle 5:30.

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Venerdì 5 agosto

La valle dell'Indo

Dopo la colazione si prova a partire alle 6:30, ma ci sono piccoli problemi alle moto, quindi alla fine si parte alle 7. Il tempo è nuvoloso, ma non piove, Si rifà a rovescio la strada di ieri pomeriggio ripassando per il lago Kiagar e il Namshang La. Ci rifermiamo a prendere un tè dove abbiamo pranzato ieri e cerchiamo di riparare le moto di Marco e di Adriano che hanno lo stesso problema, hanno perso un bullone sotto alla pedana sinistra che fissa la parte posteriore del telaio a quella anteriore e si è spezzata una parte del telaio posteriore. Riusciamo a recuperare due bulloni per sostituire quelli persi e si può ripartire. Scendiamo verso nord fino ad incontrare la valle dell’Indo che seguiamo verso nord-est nel senso della corrente del fiume, che già qui ha moltissima acqua. Il tempo migliora e il sole scalda parecchio, al punto che nelle soste si cerca l’ombra. La valle è spesso stretta e la corrente del fiume genera rapide spettacolari. I monti attorno sono vari, spesso colorati, in genere tendenti al rosso. Sul fondo valle c’è qualche albero, ma sui monti no. Ci sono numerose basi militari con evidentemente parecchi soldati. Incrociamo molti veicoli militari, tutti molto nuovi, rispetto alla media degli altri veicoli, fra cui una colonna di una trentina di camion. Il fatto è che la valle porta in Tibet e ci sono dispute di confine con i cinesi. A contrasto ogni tanto c’è un monastero, in genere sull’altro lato del fiume, quindi con il suo ponte preceduto da un portale di legno.  C’è anche un traballante ponte pedonale che mi diverto a passare, ma non sembra portare da nessuna parte di utile. A una cinquantina di chilometri da Leh, a Upshi la strada si ricongiunge con quella principale che collega Manali con Leh e all’incrocio ci fermiamo a pranzare, la novità sono i momo, sia di carne che con verdure. Dopo il bivio la valle si allarga in una piana e ci sono monasteri sulla cima di tutte le collinette. Arriviamo a Leh verso le 15:30 e andiamo in albergo dove ritroviamo Alessandra e Roberto che si sono completamente rimessi e hanno già girato la città. Ci sistemiamo e poi Roberto ci porta a vedere il centro dove c’è una larga e piacevole strada pedonale. Compro una pashmina per Carla, sperando di aver imparato quali sono quelle che le piacciono, e una guida del Ladakh. Dopo cena faccio vedere a Alessandra e a Roberto le foto degli ultimi due giorni.

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Itinerario del viaggio (in azzurro) nella zona di Leh

 


Sabato 6 agosto

Il monastero di Thiksey

Oggi è giornata di visita ai monasteri a Est di Leh. Quindi la partenza è con calma alle 9 dopo una buona colazione in albergo. Prima di colazione ho anche il tempo di farmi un giro a vedere una parte del centro che non ho visto ieri. Alla fine si parte alle 9:30 perché il pulmino arriva in ritardo e anche quando arriva ci sono i soliti problemi alle moto. Di 3 non si trova la chiave e un’altra deve essere riparata, inoltre il meccanico non si presenta. Quindi andiamo solo in 4 moto: Roberto, Michele e Francesca, Arnulf e Luisa, e io, gli altri vanno in pulmino. Il primo monastero, lungo la strada principale Leh-Manali, è quello di Shey, alto su una rupe rocciosa al limite della zona verde dell’Indo. Lungo la salita c’è una lunga fila di tamburi ruotanti di preghiera. All’interno di sono due templi, uno dei quali con una grande statua dorata di Budda. Poi c’è una strana stanza con al centro un lungo bancone piramidale pieno di lumini ad olio in bacinelle di ottone. Sono talmente tanti che se ne spegne sempre qualcuno e deve essere riacceso. Le pareti sono tutte completamente annerite dal fumo oleoso. Poi salgo al forte che sovrasta il monastero e da lì la vista sulla valle dell’Indo è ancora migliore. Risalendo la valle arriviamo al monastero di Thiksey, più grande, che ricopre una collina piramidale ed è piuttosto complesso. In basso c’è un tempio nuovo che il Dalai Lama inaugurerà fra tre giorni (speriamo di esserci). Nel tempio Chamkhang c’è una grande statua di Budda Futuro (Maitreya), magnifica, fatta nel 1980. Il cortile interno è profondo e suggestivo. Nel tempio delle divinità protettrici (Gonkhang) un simpatico monaco mi fa lunghe spiegazioni, di cui non capisco quasi niente, ma intuisco il senso. Si diverte a raccontarmi le storie degli dei. Le pitture all’interno sono antiche ed alcune incomplete. Fervono i preparativi per l’arrivo del Dalai Lama e credo addirittura di riconoscerlo in un monaco che passa nascondendosi sotto un berretto giallo e accompagnato da un altro monaco. Il ristorante dove vogliamo mangiare è chiuso anche lui perché ci andrà il Dalai Lama. Allora pranziamo in un altro molto  carino, mentre minaccia di piovere, ma fa solo qualche goccia. Si prosegue lungo l’Indo fino a Karu, dove attraversiamo il fiume e saliamo al monastero di Hemis con un ampio cortile, due templi affiancati con begli affreschi, tetti percorribili e un museo interessante. Ci sono dei giovani monaci che giocano fra loro e una ragazza inglese che fa scuola di meditazione con un monaco. Una statua dorata di Budda torreggia più in alto. Riscendiamo l’Indo fino quasi a Leh e poi lo riattraversiamo e saliamo a Stok dove c’è un palazzo reale all’imbocco di una stretta valle. E’ interessante e fa stacco con i monasteri visti finora. Facciamo un paio di foto di gruppo e riscendiamo a Leh. Mi prendo la briga di arrivare in albergo da solo e ci riesco. Andiamo a mangiare in un ristorante italiano in centro, non di grande soddisfazione.

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Domenica 7 agosto

Moonland a Lamayuru

Oggi comincia la prima delle tre  gite da Leh di due giorni. Si va a Lamayuru che è a circa 100 km a ovest di Leh sulla riva sinistra dell’Indo. L’orario della partenza sarebbe alle nove, ma come al solito ci sono problemi alle moto con chiavi che non si trovano e moto che non partono per cui si parte alle 9:30. Purtroppo Massimo sta male di stomaco e ha deciso di rimanere a Leh ad aspettarci. Temo che la causa, o una delle cause, sia il ristorante di ieri sera, infatti anche io ho un piccolo disturbo di stomaco, che però tengo a bada. Il tempo è nuvoloso e minaccia pioggia. Infatti durante il giorno ogni tanto pioverà. Da Leh seguiamo la valle dell’Indo, sempre lungo la corrente del fiume. Il primo spettacolo ce lo offre la confluenza del fiume Zanskar con l’Indo. Mi sembra che lo Zanskar abbia più acqua dell’Indo; comunque dopo la confluenza l’Indo è parecchio più grande. Visitiamo il monastero di Likir alto su una rupe in una valle sulla riva destra del fiume. E’ un importante monastero della setta Gelugpa ed è caratterizzato da un’enorme statua all’aperto di Matreya (Budda del Futuro). All’interno ci sono begli affreschi, alcuni buffi, e un piccolo museo. Poi proseguiamo fino alla successiva valle sulla riva destra dell’Indo, che risaliamo fino al piccolo monastero femminile di Chulichan. Ci arriviamo che piove abbastanza insistentemente. Quindi dopo aver dato un’occhiata in giro ci tratteniamo sotto un tendone fatto con un paracadute militare. Due giovani suore ci offrono del te. Finalmente smette di piovere e continuiamo a risalire la valle fino al monastero di Rizong, che è uno dei monasteri più moderni e isolati del Ladakh. Ci sono begli affreschi ed una grande statua di Maitreya. Nel punto più alto in un tempietto c’è un modello di tempio. Un inglese gentile mi spiega che il modello aiuta la meditazione e ad astrarsi dalla realtà. Tornati sulla valle dell’Indo ci fermiamo a pranzare a Khalsi e poi lasciamo la valle del fiume per salire a sinistra fino a Lamayuru, la nostra meta del giorno. Poco prima di arrivare sulla sinistra ci sono delle spettacolari formazioni di terra che ricordano un paesaggio lunare. Lamayuru è molto spettacolare sulla ripida valle. Ci sistemiamo in un bell’albergo accanto al monastero e poi andiamo fuori a far foto nella bella luce del tramonto. Dopo cena porto gli aficionados a vedere le stelle sul tetto dell’albergo. La stellata è spettacolare, con la Via Lattea, Marte, Saturno, Antares e il triangolo d’estate, mentre la zona nord è nuvolosa.

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Lunedì 8 agosto

La valle di Wanla

Andiamo alle 7 alla preghiera nel tempio del monastero. Finalmente alle 7:40 arriva un monaco cicciottello e trafelato, si siede accanto a me e comincia una cerimonia di preghiera con cinque bacinelle, che a turno riempie e vuota di acqua, conetti grigi e palline di due dimensioni. Dopo un po’ andiamo via a fare colazione. Poi si parte per tornare indietro a Leh. Dopo un decina di chilometri facciamo una deviazione verso destra risalendo la valle di Wanla, molto bella, che pian piano si stringe in una gola molto spettacolare. Risaliamo la valle per una ventina di chilometri e poi torniamo indietro. Ci fermiamo a pranzare nello stesso posto di ieri, ma oggi la giornata è bella. Poi visitiamo il monastero di Alchi, uno dei più vecchi in Ladakh. Conserva lo stile buddista indiano che per il resto è sparito dal Ladakh per le distruzioni fatte dai musulmani. E’ affascinante per la sua atmosfera antica, per la compattezza e per le statue e pitture essenziali. Tornando a Leh ci fermiamo a Magnetic Hill, un posto dove dicono che il magnetismo crei strane illusioni ottiche, come una discesa che sembra salita. Francamente mi sembra tutto normale, anche la voglia di cazzeggiare. Tornati in albergo c’è la novità che ci cambiano tutte le moto, sostituendole con moto locali. Questo dovrebbe risolvere sia i problemi delle moto che la gelosia dei locali per le moto venute da fuori. Quindi saluto la mia valida tigre che Manush guiderà fino a Dehli, mentre le altre andranno in camion.

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Martedì 9 agosto

Il Dalai Lama a Thiksey

Ci svegliamo alle 5 per andare in pulmino a Thikse a vedere il Dalai Lama che inaugura un tempio. Come già deciso ieri sera, tre di noi rimangono a Leh. Anche se il pulmino arriva con 10 minuti di ritardo, arriviamo a Thikse verso le 7, ben in tempo per l’inizio della cerimonia che sarà alle 8:30. Ci troviamo un buon posto per seguire la cerimonia fra i locali ed aspettiamo che inizi. Inganniamo la lunga attesa osservando i locali intorno a noi. Ci sono vari bambini, fra cui uno molto disinvolto e intraprendente che gioca con Alberto e Martina. Un vecchio devoto non si lascia distrarre dalla sua meditazione. Alcune ragazze in costume portano del te al burro di yak e altro cibo. Puntuale alle 8:30 arriva lui, allegro e sorridente saluta tutti, si siede sul trono che gli hanno preparato, ascolta i discorsi di vari notabili, riceve in omaggio una medaglia. Prima che possa parlare dobbiamo partire per tornare a Leh. E’ stata comunque un’esperienza indimenticabile e ne ringraziamo Alberto. Sorteggiamo le nuove (si fa per dire) moto, tutte 500 cc. Ci sono i soliti problemi di moto senza chiave o che non partono o con le gomme lisce. Florian rifiuta la sua che ha le gomme molto lisce e gli portano una 350. Finalmente si parte, la mia moto finisce subito la benzina e mi tocca spingerla fino al distributore. Siamo diretti a nord alla valle di Nubra e si sale subito al Khardung La, 5360 metri. Quasi subito la mia moto comincia a zigzagare per un problema alla ruota posteriore. Rallento, ma continuo. Purtroppo il problema si aggrava con rumore di ferraglie e devo fermarmi. E’ il cuscinetto della ruota che è andato. Arriva il pulmino con il nuovo meccanico. Ci consultiamo, lui dice di continuare lentamente, io penso che la moto non possa arrivare a Nubra e quindi decidiamo che il meccanico riporti la moto a Leh e me ne porti un’altra a Nubra. Io proseguo in pulmino insieme ad Alberto che già alla partenza è rimasto senza moto. La strada diventa sterrata una decina di chilometri prima del passo. C’è molto traffico di camion, auto e moto. Al passo ci fermiamo a far foto. La targa riporta più di 5600 metri e parla della più alta carrozzabile del mondo, anche se non è così, perché l’altezza della cartina è confermata dal GPS di Michele. Faccio un pezzo di strada a piedi, poi Danilo mi dà un passaggio fino a un guado. Ci fermiamo a mangiare in un bel posto sotto una rete verde. L’arrivo sulla valle di Nubra è molto spettacolare con l’ampio fiume Shyok che scende da Est e poco più avanti confluisce con il Nubra che viene da Nord. Seguiamo lo Shyok fino a Diksit, nostra destinazione della giornata. L’albergo è molto piacevole e dopo la doccia faccio un giro per il paese che è molto tranquillo e pieno di muri mani. Dopo cena ci tratteniamo nel patio a chiacchierare e vado a vedere la 350 cc bianca che il meccanico ha portato per me da Leh questa sera.

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Mercoledì 10 agosto

Cammelli battriani a Hunder

Per prima cosa visitiamo il monastero di Diksit che torreggia sopra il paese. Decidiamo di andarci in moto e, quando si tratta di partire, Florian e Martina si rifiutano di prendere la moto con cui sono arrivati qui. Nel frattempo Massimo, che ieri sera era stanco, decide tornare a Leh in pulmino e quindi Alberto può guidare la sua moto, ma la offre a Florian e Martina, che per ripicca la rifiutano: dicono che siccome gli hanno dato una moto difettosa quella la deve guidare al meccanico. Finalmente li convinciamo a guidare la moto di Alberto almeno fino al monastero di Diksit che è la prima cosa che visitiamo. E’ anche questo della setta Gelugpa, ma i monaci sono scorbutici. Ci aprono alcuni templi che sono interessanti. Scendendo visitiamo la grande statua all’aperto del Budda Maitreya. Andiamo poi a Hundur a vedere i cammelli battriani, sono simpatici, peccato che ci salgano sopra i turisti indiani. Si parte per tornare a Leh attraverso il passo Khardung La e finalmente guido anche io una moto. La strada è veramente divertente da guidare. Ci fermiamo a pranzare a Khardung allo stesso posto dell’andata. Ad un grosso guado passo in velocità senza esitazioni, ma mi bagno e si bagna anche la macchina fotografica, quindi mi fermo ad asciugarla. Attorno al passo ci sono 25 km di strada sterrata, ma non è difficile. Poi si scende rapidamente a Leh dove l’unica lieve difficoltà è arrivare in albergo per via delle strade chiuse. Arrivati riporto la mia roba alla vecchia stanza, poi arriva Alberto che mi dice che ci sono due stanze in meno, che sono invece all’albergo accanto e mi dice che, se qualcuno dovesse lamentarsi di andare all’albergo accanto, ci possiamo andare noi. Puntualmente arriva Martina che si lamenta vistosamente. Allora le dico che non c’è problema: nell’altro albergo ci andiamo Alberto ed io. Vado in stanza a prendere la mia roba e la porto all’altro albergo. Arrivato nella stanza ci trovo Martina e Florian che sono già lì e vogliono la stanza. Il modo di fare di Martina mi fa arrabbiare e glielo dico apertamente, non capisce che cercavo di farle una gentilezza. Comunque con Alberto, Roberto, Danilo e Massimo andiamo in moto al Bikers Cafè a farci una birra e stemperare gli animi. L’alcol fa aprire Alberto che ci racconta gustosi episodi di altri viaggi. Al ritorno guido io la sua moto. Cena e poi a nanna.

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Giovedì 11 agosto

Arcobaleni al lago Pangong

Oggi ho una nuova moto perché si sono ripresi la 350 cc bianca e mi hanno portato una 500 cc color antracite. La nostra destinazione è il lago Pangong a Est, molto lungo, arriva fino in Cina. Quindi ripercorriamo per l’ennesima volta la valle dell’Indo verso Sud-Est lungo la strada principale. Nei dintorni di Thiksey il traffico è terribile per via delle celebrazioni per il Dalai Lama. Con le moto passiamo senza grossi problemi, ma poi a Karu dobbiamo aspettare il pulmino. Lì si gira verso nord e si sale al Chang La, 5345 m, per una strada prima asfaltata, poi sterrata, con molte deviazioni, ma senza troppo traffico di camion. Il tempo è coperto, ma in salita non piove. Sul passo visito un tempio indù un po’ kitsch. In discesa dopo un piccolo lago color smeraldo comincia a piovere e mi metto la tuta. A Tangtse aspetto gli altri e chiacchiero con una coppia italiana che torna dal lago. Quando gli altri arrivano, si decide di non fermarsi lì a mangiare, nonostante sia già tardi, ma di andare al lago, anche perché minaccia ancora di piovere. Arrivati al lago i ristoranti sono ormai chiusi e ci dobbiamo accontentare di patatine. Purtroppo giunge la notizia che Florian e Martina hanno avuto un incidente. Poco dopo arrivano anche loro in pulmino. Sono un po’ contusi e piuttosto scioccati. Mentre sorpassavano un veicolo hanno preso un grosso sasso e sono caduti. La moto è fuori uso. Arriviamo tutti al campo tendato sul lago e poi si decide che per precauzione Florian e Martina tornino a Leh con Alberto a farsi visitare in ospedale, mentre noi altri rimaniamo sul lago con le moto e il pulmino. Il lago ha colori stupendi accentuati dall’alternanza di sole, nuvole e pioggia, che creano spettacolari arcobaleni. Dopo il tè scendo al lago in costume, ma rinuncio al bagno perché è andato via il sole ed entro solo fino alle ginocchia. Prima di cena faccio vedere agli altri la presentazione sul pellegrinaggio al Kailash.

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Venerdì 12 agosto

Foto di gruppo

La mattina è nuvolosa e partiamo con calma per tornare a Leh lungo la stessa strada di ieri. Ci fermiamo quasi subito a fare delle foto di gruppo sul lago. Poi arriviamo al luogo dove Florian e Martina hanno avuto l’incidente. C’è la moto con il carter rotto e il pietrone con una vistosa macchia d’olio. E’ stato un brutto momento e siamo tutti lì a ripensarci. Il meccanico e il pulmino rimangono lì a smontare ruote ed altri pezzi asportabili (la polizia ha proibito di portare via la moto). Noi intanto proseguiamo; oggi, visto che non c’è Alberto, rimango io per ultimo e mi piace farlo. Sulla salita al passo Chang La ci fermiamo in bel posto a bere un tè. Oggi i guadi sono meno impegnativi di ieri, c’è meno acqua. Ciò nonostante, se ci passi troppo in velocità, può entrare acqua nel motore, vero Massimo? Sul passo nevica con gran gioia dei siciliani che non ci sono abituati. Ma appena scesi la temperatura è di nuovo estiva e pranziamo. Poi andiamo a visitare il monastero di Chemde: nel Lama Lhakhang ci sono 5 statue di importanti lama seduti su grandi troni di legno. Nel Guru Lhakhang c’è invece una statua di Padmasambava. I monaci stanno preparando il monastero per la visita di un’autorità religiosa. Proseguiamo per la solita valle dell’Indo ed arriviamo senza problemi in albergo. Lì troviamo Florian e Martina molto rinfrancati e Alberto che discute con un brutto tipo che dice che la moto di Florian all’incidente è andata a sbattere contro il suo pulmino. E’ chiaramente un tentativo di estorsione e il tipo lo dimostra cambiando versione dei fatti di fronte all’evidenza contraria. Vado a vedere il Palazzo reale di Leh, niente di che se non per la vista sulla città. Dopo cena andiamo a bere qualcosa in un bar su una terrazza con Alberto, Danilo, Massimo e Adriano.

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Sabato 13 agosto

Maschere a Thag Thok

Oggi non abbiamo più le moto e si cambia albergo, quindi carichiamo tutti i bagagli sul pulmino e li portiamo nel nuovo albergo che è migliore (non è compreso nella quota pagata). Poi andiamo a vedere un festival buddista al monastero di Thag Thok che è a una decina di chilometri da Karu su per la valle che porta al Chang La (il passo fatto ieri). Il festival si svolge nel nuovo tempio che è in basso ed ha un grande cortile. Arrivando ci sono molte bancarelle che vendono prodotti locali. Compro un paio di regali combinati per Laura. Ci mettiamo su un palco con dei gradini coperti che dà sul cortile. Il festival comincia verso le dieci con l’arrivo dei suonatori e una parata di monaci con stendardi. Poi c’è l’esposizione di un grandissimo tanka su un apposito supporto alto una decina di metri. Continuano le musiche e decido di cambiare posto e vado sui gradini del tempio con un’ottima vista sul cortile. C’è un bel sole che picchia forte e i turisti intorno a me pian piano danno forfait, rimpiazzati da donne locali nei loro pesanti costumi di lana scura. Alcune sono accompagnate da bambine e mamme. Una di queste seduta vicino a me ha la splendida idea di aprire un ombrello con cui si ripara dal sole e così ripara anche me. Finalmente esce un monaco in costume con una grande maschera mostruosa e comincia a ballare ripetitivamente. Poi viene raggiunto da altri monaci mascherati e ballano tutti insieme. Da un po’ mi sono accorto che tutti i miei compagni di viaggio non si vedono più ed infatti dopo poco vedo Alberto che mi fa cenno di andare a mangiare. In effetti lo spettacolo è molto ripetitivo e rinuncio. A pranzo una signora norvegese e sua figlia mi invitano a sedere con loro perché non c’è altro posto. Hanno fatto trekking sopra Stok e la figlia lavora in Norvegia all’accoglienza dei migranti. Dopo pranzo, mentre gli altri fanno shopping, vado a visitare il vecchio monastero che è molto interessante, anche se piccolo. Poi torniamo a Leh al nuovo albergo. Dopo essermi sistemato in una stanza non bella (ma mi ridanno 10 euro in compenso), scendo a Leh con Michele e Francesca a fare un giro e comperare qualche regalo che mi manca. Uscendo da un negozio, un ciabattino nota che ho una scarpa rotta e mi offre di ripararla. Accetto e la ripara con maestria. Ceniamo tutti insieme ad un ristorante con una piacevole terrazza e poi torniamo a piedi in albergo, 20 minuti abbondanti di salita, che però si fanno piacevolmente al fresco sotto la luna.

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Domenica 14 agosto

La via pedonale di Leh

Giornata di relax, sveglia e colazione con calma. Ci dovrebbero cambiare la stanza, come il manager ci ha promesso ieri, ma oggi ci dicono che non ci sono altre stanze e che invece mi ridanno altri dieci euro. In albergo c’è ancora il losco tipo che pretende soldi da noi per l’incidente. Ha avuto la sfrontatezza di prendere tutte le fotocopie dei nostri passaporti dall’albergo, ma, ciò nonostante il fratello del corrispondente locale, che è anche proprietario degli alberghi dove siamo stati, lo spalleggia incomprensibilmente. Per fortuna Alberto resiste a tutti i tentativi di estorcerci soldi, ma la vicenda è sconcertante e getta ombre sulla subdola natura indiana. Poi faccio una passeggiata fino al forte dove si sale con una scala facile ma ripida. La giornata è soleggiata, ma fresca, propizia alla salita. In cima due templi sono chiusi, ma un terzo dedicato ad Avalokitesvara è aperto. La vista è bella, con luci brillanti. Scendendo incontro di nuovo le due norvegesi, sempre piacevoli. Pranzo in una fraschetta e poi salgo verso l’albergo per nuovi sentieri ombreggiati. Per caso capito al Sankar Gompa e lo visito grazie ad un monaco gentile che lo apre solo per me. Poi vado in albergo per una siesta e a preparare i bagagli. Si cena tutti insieme su una piacevole terrazza e poi compro una camicia indiana per Leo.

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Lunedì 15 agosto

Giornata di rientro senza storia: volo da Leh a Dehli e poi a Malpensa, notte a Milano e poi treno fino a Firenze e Perugia. Ettore, il primo figlio di nostra figlia Laura nasce appena arrivo, mi ha aspettato.

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